Gregorio VII, il Papa della Riforma

Ho amato la giustizia e ho odiato l’iniquità: perciò muoio in esilio.”, queste le ultime parole pronunciate da  Papa Gregorio VII in punto di morte, mentre stava scontando il suo esilio da Roma presso la città di Salerno.                     

 Correva l’anno domini 1085 e con la morte del papa si chiudeva un periodo di grandi rivoluzioni e cambiamenti nella storia della Chiesa e dell’Europa medioevale.  Canonizzato nel 1606 da Papa Paolo V, nasce come Ildebrando da Soana (1015 ca), per poi assumere il nome di  Gregorio VII una volta investito della carica pontificale. Si può dire che Gregorio è stato certamente uno dei più grandi e celebri papi della storia. Fu un grande innovatore e riformatore. Contribuì attivamente a risollevare le sorti della chiesa che in quegli anni stava subendo una profonda crisi, minacciata sempre più dalla corruzione, dai disordini interni e dalle oppressioni esercitate dalla politica imperiale.

 Con l’emanazione del Dictatus papae, Greogorio riuscì finalmente ad affermare la supremazia del papato in merito all’emanazione delle cariche ecclesiastiche. Un editto che non lasciò certo indifferente l’imperatore Enrico IV, poiché il Dictatus prevedeva in particolare il divieto di investitura dei vescovi per mano del re di Germania. Tale episodio sancì di conseguenza il conflitto ben noto come “lotta per le investiture”. Fu un vero e proprio scontro aperto tra l’imperatore ed il pontefice battuto a colpi di scomunica, affronti e rivolte, fino al celebre perdono di Canossa, chiesto con grande umiliazione dall’Imperatore nei confronti del Papa, in presenza dell’abate di Cluny e della nobildonna Matilde.

 Dopo aver ottenuto il fantomatico perdono, l’imperatore non depose le armi e tornò nuovamente in lotta contro il Papato, entrando trionfalmente a Roma nel 1084 e costringendo Gregorio alla fuga presso Castel Sant’Angelo. A quel punto solo l’aiuto dell’astuto Roberto il Normanno, principe di Salerno, poteva risollevare le sorti di Ildebrando, che decise così di convocarlo in soccorso all’avanzata germanica. Egli, con un seguito di 7000 cavalieri e 30000 fanti, entrò trionfalmente a Roma allontanando le truppe dell’Imperatore, ma lasciando in eredità alla città eterna una scia di saccheggi, devastazioni e razzie che confermarono ancora una volta la natura mercenaria della stirpe normanna. Il rapporto già fragile tra il Papa ed i romani comportò la cacciata definitiva di Gregorio, che fu costretto all’esilio da Roma presso Salerno, ove fu scortato dalla protezione di Roberto.

 Il Papa trascorse presso la città della scuola medica gli ultimi anni della sua vita, fino a quando , poco dopo la consacrazione della Cattedrale, morì pronunciando le fatidiche parole già citate inizialmente. Fu sepolto in abiti pontificali in un sarcofago ancora conservato nella sontuosa Cappella dei Crociati del Duomo di Salerno.