Il vino nel Medioevo

La storia del vino è così antica da confondersi spesso con la storia dell’umanità. Fin dalla preistoria il vino ha accompagnato la vita dell’uomo, al punto tale da attribuire a questa bevanda un valore sacro o legato ad alcune pratiche religiose, così come avviene ancora oggi in alcune religioni. Le prime testimonianze archeologiche della vite risalgono al 7000 a.C. circa, sebbene la storiografia si sia a lungo concentrata sulla coltivazione e l’uso smodato del vino nell’età classica, vale a dire nel mondo Greco e Romano.

L’impero romano ebbe un impatto enorme sullo sviluppo della coltura della vite, comportando un vero e proprio “culto del vino” che si spinse anche al di fuori delle sue province. Ma cosa accadde dopo la caduta dell’Impero ? Che rapporto si continuò ad avere con questa bevanda ?

Nei primi secoli del Medioevo, le invasioni barbariche del 400-500 d.C. e il trasferimento della capitale a Bisanzio determinarono un lento e complessivo abbandono delle campagne e delle viti. Durante l’epoca Longobarda la viticoltura era in completa decadenza. Analogamente, il periodo delle dominazioni Arabe nell’area mediterranea comportò un netto ridimensionamento della viticoltura; molto limitata, se non addirittura proibita, era l’assunzione di alcool così come riportato dai precetti del Corano.

Fu solo dopo l’anno Mille che si avvertì un primo risveglio dell’agricoltura ed una netta ripresa del settore vitivinicolo, grazie anche all’incremento degli ordini religiosi monastici, che attribuivano al vino un forte valore simbolico, legato alla liturgia. Gli orti dei monasteri si arricchirono di grandi viti e le coltivazioni si estesero anche nei territori battuti dai padri missionari, che incoraggiavano la diffusione del vino nelle regioni dove si recavano.

Con il tempo si cercò di produrre sempre più vino di buona qualità, sebbene si continuarono ad aggiungere alla materia prima una serie di erbe e spezie, che contrastavano il sapore forte ed acido della bevanda. Erbe, fiori, spezie, miele e frutta giocavano un ruolo essenziale al momento della mescita, creando un connubio di sapori che stuzzicavano anche i palati più ricercati. Alle volte i composti erano così forti da annullare quasi il sapore del vino e, così, contraffarne la sua qualità. Una delle erbe utilizzate maggiormente per questo scopo era il finocchio, che gli osti medioevali erano soliti introdurre in una bevanda di scarsa qualità per ingannare i loro compratori. Da qui il termine “farsi infinocchiare“!

Spesso si giocava anche con le temperature del vino : la bevanda si riscaldava e si raffreddava. Particolarmente apprezzato era il vino cotto, addensato con il calore del fuoco ed indicato a scopo terapeutico soprattutto dai medici della Scuola Medica Salernitana. Arnaldo da Villanova, medico e scrittore, nonché consigliere del re d’Aragona, scrisse addirittura un trattato sulla preparazione e l’utilizzo dei vini per curare varie patologie.